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TAR Lombardia, Milano, sez. II, 9 dicembre 2020, n. 2468

TAR Lombardia, Milano, sez. II, 9 dicembre 2020, n. 2468

TAR Lombardia

Con la sentenza in commento il TAR Lombardia, Milano, si è pronunciato sul rilievo dell’omessa dichiarazione in sede di gara di una pregressa risoluzione contrattuale e sul rilievo di quest’ultima quale ipotesi di grave illecito professionale, ponendosi in continuità con i principi espressi dalla sentenza n. 16/2020 resa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

Nella fattispecie il ricorrente ha contestato l’illegittimità della mancata esclusione dell’operatore economico risultato aggiudicatario della procedura di gara in considerazione della mancata dichiarazione da parte dello stesso di una precedente risoluzione contrattuale, in tesi rilevante ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c, c-bis e c-ter, del D. Lgs. n. 50/2016.

Alla luce degli elementi circostanziali connotanti la vicenda non dichiarata dall’aggiudicatario, il TAR ha ritenuto che “nessun obbligo dichiarativo potesse ritenersi imposto” all’operatore concorrente “non sussistendo alcuna ipotesi di grave illecito o negligenza di carattere professionale”.

In particolare, il TAR ha evidenziato che la stessa stazione appaltante che aveva disposto la risoluzione, già in sede di segnalazione all’ANAC della misura adottata, aveva dichiarato che quest’ultima doveva ritenersi “a ogni effetto superata e dunque priva di qualsivoglia effetto”, che né la risoluzione parziale della convenzione a suo tempo comunicata, né alcun comportamento dell’operatore avevano inciso “in alcun modo sulla sua integrità e affidabilità” e che con questi erano peraltro in essere altri rapporti contrattuali.

Il TAR ha altresì evidenziato che la medesima stazione appaltante e l’operatore economico erano addivenuti a una composizione stragiudiziale della vicenda e che d’altra parte l’ANAC aveva archiviato il procedimento ritenendo inconferente la pregressa risoluzione.

Rileva ulteriormente il TAR che proprio “le peculiarità della vicenda – scaturite in un accordo stragiudiziale con la Stazione appaltante e con la declaratoria di inefficacia della pregressa risoluzione parziale, nella prosecuzione dei rapporti con riguardo agli altri lotti, con l’irrilevanza dell’annotazione nel casellario A.N.A.C. e, sebbene posteriore alla conclusione della gara, con la successiva archiviazione ad opera della stessa A.N.A.C. – rendono assolutamente inesigibile il predetto obbligo dichiarativo”. Osserva in proposito il TAR che la portata degli obblighi dichiarativi in ordine a fatti non tipizzati di errore professionale dipende dal contenuto della diligenza richiesta nell’adempimento dell’obbligo stesso, diligenza che deve essere costruita, ex art. 1176, comma 2, c.c., facendo riferimento a quella qualificata che l’ordinamento pretende da chi svolge un’attività in modo professionale e che – con ciò uniformandosi anche espressamente alla citata pronuncia nomofilattica n. 16/2016 dell’Adunanza Plenaria – “una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso» (Consiglio di Stato, Ad. plen., 28 agosto 2020, n. 16)”.

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