Con la sentenza in oggetto, il Tribunale di Milano è stato chiamato a pronunciarsi in ordine alle responsabilità per i vizi di un’opera, rispetto alla quale l’appaltatore aveva dichiarato di aver seguito incondizionatamente le direttive del Committente, alla stregua di un nudus minister.
Il Tribunale ha ritenuto che una tale dichiarazione non possa dirsi sufficiente ai fini dell’esonero di responsabilità per i vizi dell’opera, richiedendo, al contrario la prova che l’appaltatore “abbia manifestato il proprio dissenso alle direttive del committente ed i essere stato obbligato da questi ad eseguirle”.
Tale approdo è stato raggiunto in virtù del richiamo a quanto costantemente affermato dalla Corte di Cassazione, ovvero che “l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo” (cfr. Cass. 12.06.2018 n. 15340; Cass. 21.05.2012, n. 8016).
Dunque, non avendo l’appaltatore provato di aver contestato le richieste della Committente, nonché che i vizi dell’opera fossero legati alle specifiche richieste della committente, il Tribunale di Milano ha riconosciuto la responsabilità dell’appaltatore.
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