Il TAR Lazio (Sez. Seconda) con la pronuncia in commento, ha statuito che l’inaffidabilità morale del concorrente possa desumersi anche da circostanze non accertate giudizialmente in modo definitivo.
Ed infatti, assunto consolidato, è che l’amministrazione, nella spendita del proprio potere tecnico- discrezionale e nella sua autonoma valutazione dei requisiti di ordine generale, ben può formare il proprio convincimento su ogni tipo di prova e/o risultanza, anche tratta aliunde, vigendo in tale campo un immanente principio di atipicità, con l’unico limite costituito dalla certezza e dalla (ritenuta) significatività delle circostanze accertate.
Nel caso di specie, quanto alla apparente congruità del giudizio, l’amministrazione ha valorizzato anche la gravità della condotta, che, per uniforme giurisprudenza, può rilevare a fini espulsivi dalla gara, anche in assenza di una condanna passata in giudicato.
Sul punto, il Tribunale Amministrativo, ribadisce che, per giurisprudenza ormai univoca, nel concetto di “grave errore professionale”, ai sensi dell’art. 38 del “vecchio” Codice dei Contratti, deve essere ricompreso qualsivoglia comportamento gravemente scorretto, anche non definitivamente accertato per effetto di giudicato, in grado di incidere sull’integrità morale dell’operatore, al di là della grave negligenza nell’adempimento della prestazione stricto sensu intesa (v. tra le varie le sentenze della Sezione n.1833/2019, 1840/2019, 1852/2019).
Altro noto e consolidato assunto, secondo cui l’amministrazione può inferire il difetto di integrità dell’operatore, può pervenire anche da una disposta risoluzione contrattuale, pur non oggetto di accertamento giudiziario definitivo, perché l’amministrazione stessa dia conto della ritenuta inaffidabilità all’esito di un’autonoma valutazione che sia immune da palesi illogicità ovvero macroscopici travisamenti di fatto.
Dunque, in sintesi, secondo il TAR Lazio risulta congruo e giustificato l’esito della valutazione operata a fini escludenti, giacché l’amministrazione non ha fatto altro che applicare principi giurisprudenziali consolidati, secondo cui, si ribadisce, la Stazione appaltante può dedurre l’inaffidabilità morale del concorrente sulla base di circostanze concrete e significative, anche non accertate giudizialmente in modo definitivo, perché idonee a far ritenere con sufficiente certezza la perdita del requisito morale in capo al concorrente.