Con la sentenza in rassegna, il Consiglio di Stato si è conformato al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in sede di verifica di anomalia dell’offerta, “la difformità del costo del lavoro da quello indicato nelle tabelle ministeriali non è profilo dirimente per trarne la conclusione dell’incongruità dell’offerta”, poiché tali tabelle costituiscono un “mero parametro di valutazione della congruità.” (cfr. in tal senso, Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694; III, 17 gennaio 2020, n. 414; V, 29 luglio 2019, n. 5353).

Pertanto, sono consentiti scostamenti delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle, spettando alla stazione appaltante valutare se si tratti di scostamenti significativi e ingiustificati, tali da poter compromettere la complessiva affidabilità dell’offerta ed indurre ad un giudizio di anomalia della stessa.

Considerato che le tabelle ministeriali indicano esclusivamente il costo medio orario del lavoro elaborato su basi statistiche, nella sentenza de qua è stato ribadito il principio secondo cui tali tabelle “non sono un limite inderogabile per gli operatori economici perché è ben possibile che il costo “proprio” del singolo operatore economico sia diverso dal costo medio.”

Sotto altro profilo, il Consiglio di Stato ha chiarito che è obbligatoria l’esclusione dalla procedura di gara dell’operatore economico che abbia presentato un’offerta contenente un costo per la manodopera inferiore a quello stimato dalla stazione appaltante, “se il disciplinare di gara abbia espressamente definito come non suscettibile di ribasso il costo della manodopera.” (Nel caso di specie, posto che negli atti di gara era assente una prescrizione che vietasse espressamente il ribasso sul costo della manodopera, il Consiglio di Stato ha ritenuto l’ammissibilità di tale ribasso).