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Consiglio di Stato, Sez. III, 04.09.2020, n. 5358

Consiglio di Stato, Sez. III, 04.09.2020, n. 5358

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato è tornato a pronunciarsi sul rilievo del principio di conservazione degli atti quale criterio di interpretazione degli atti amministrativi adottati nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica.

Nella fattispecie posta al suo esame, il Consiglio di Stato ha condiviso la statuizione di prime cure, che al fine di evitare e comunque di risolvere il contrasto tra clausola del capitolato speciale e scheda tecnica, ha interpretato la lex specialis facendo applicazione del principio di conservazione degli atti in luogo del criterio di specialità da cui sarebbe derivato un effetto soppressivo della prescrizione capitolare.

In proposito, il Consiglio di Stato ha chiarito che una soluzione ermeneutica “soppressiva” contrasta con il principio di conservazione degli atti giuridici, previsto quale criterio di interpretazione dei contratti dall’art. 1367 c.c. e pacificamente applicabile anche agli atti e provvedimenti amministrativi, inclusi gli atti delle gare pubbliche, essendo quest’ultimo sancito anche a livello di normazione amministrativa dall’art. 21-nonies, co. 2, l. n. 241/1990, e costituendo espressione del principio di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa di cui all’art. 1, co. 1, della medesima legge.

Il Consiglio di Stato ha inoltre rilevato che tale criterio ermeneutico impone di interpretare le singole clausole della lex specialis nel senso in cui esse possano avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.

La pronuncia in esame dà continuità al risalente orientamento giurisprudenziale dello stesso Consiglio di Stato secondo cui le prescrizioni della lex specialis devono essere interpretate alla stregua dei generali criteri ermeneutici previsti in materia negoziale e applicabili, nei limiti della compatibilità, anche ai provvedimenti amministrativi, in modo tale da dare a esse, ove possibile, un significato conforme a legge anziché un senso con questa contrastante, “magis ut valeat quam ut pereat” (art. 1367 c.c.), essendo tale canone interpretativo espressione del più generale principio di conservazione degli atti giuridici anche in relazione ai bandi e alle procedure concorsuali” (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 1177/2014). Si tratta, dunque, di un orientamento giurisprudenziale radicato, come dimostra anche una recente pronuncia del medesimo Giudice, precedente alla sentenza in commento, con la quale è stato ribadito che in caso di omissioni o ambiguità delle singole clausole della legge di gara è necessario ricorrere a canoni ermeneutici ulteriori rispetto al criterio letterale, tra cui il principio di conservazione degli atti giuridici, che “nel dubbio impone di seguire l’interpretazione che consente di mantenerne gli effetti, piuttosto che quella che ne determini la privazione” (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 2090/2020).

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