In tema di regime speciale degli affidamenti in house, l’articolo 192, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016 prevede: “Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
In linea con l’orientamento giurisprudenziale più recente, nella sentenza in commento è stato espresso il principio secondo cui la norma richiamata colloca senz’altro gli affidamenti in house “su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara di appalto.” Infatti, tali affidamenti sono ammessi solo in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante e comunque con l’obbligo per l’amministrazione di fornire “una specifica motivazione circa i benefici per la collettività connessi a tale forma di affidamento” (In tal senso, C.d.S., Sez. V, ordinanza n. 138/2019).
L’obbligo di dare conto, nella motivazione del provvedimento di affidamento, delle ragioni del mancato ricorso al mercato nonché dei connessi benefici, per la collettività, della forma di gestione prescelta, costituisce un “onere motivazionale rafforzato”, tale da consentire un penetrante controllo della scelta effettuata dall’amministrazione, anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche (cfr. C.d.S., Commissione speciale, parere n. 855/2016 – n. affare 464/2016).
Nella sentenza è stato chiarito, inter alia, come i vantaggi che consentono di ricorrere al modello in house debbano essere tali da non poter essere ottenuti anche dal mercato.
Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto che non fosse stato assolto l’onere motivazionale incombente sull’amministrazione, non avendo la stessa dimostrato “che il mercato non avrebbe consentito di ottenere le prestazioni oggetto del servizio in questione, se non a migliori condizioni contrattuali, quanto meno alle medesime”.