Tar Campania, Napoli, Sez. V, 22.09.2021 n. 5971, il canone ermeneutico letterale riveste il primato nell’interpretazione delle prescrizioni della disciplina di gara
Nell’ambito di una procedura aperta volta alla conclusione di un Accordo Quadro con più operatori economici, ai sensi dell’art. 54, c. 4, D. Lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii., la lex specialis di gara, oltre a prevedere l’applicazione dell’art. 133, c. 8, D. Lgs. n. 50/2016 disponente l’inversione procedimentale, ovverosia la valutazione delle offerte prima della verifica dell’idoneità dei concorrenti, la stazione appaltante consentiva a questi ultimi di presentare la propria offerta per più lotti, stabilendo all’art. 8.2. del disciplinare, quale requisito speciale di accesso alla procedura, che i concorrenti avessero svolto, nel triennio precedente la gara, forniture analoghe per un importo non inferiore al 50 % del valore complessivo presunto di ciascun lotto per la cui aggiudicazione intendevano concorrere. Il medesimo articolo precisava, altresì, che “qualora il fatturato specifico dichiarato e posseduto del concorrente non sia sufficiente a garantire il rispetto del requisito di cui al presente paragrafo per tutti i lotti per i quali abbia dichiarato l’intenzione di concorrere, sarà ammesso a gara limitatamente ai Lotti per i quali il requisito è soddisfatto, dando priorità ai Lotti di maggior importo”.
Sebbene il concorrente avesse formulato offerta per tutti i lotti e dichiarato il fatturato pregresso, la stazione appaltante ne limitava la partecipazione a un solo lotto. Il concorrente proponeva ricorso promuovendo quale motivo principale di impugnazione del provvedimento adottato la violazione di legge per violazione degli artt. artt. 3 e 97 Cost., degli artt. 30, 51 e 83 D. Lgs. n. 50/2016, dell’art. 8.2, 17 e 18 del Disciplinare di gara. Eccesso di potere per violazione della lex specialis di gara, disparità di trattamento, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, falsità dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di ragionevolezza, difetto di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità e di par condicio.
Il gravame veniva ritenuto fondato dal Collegio in quanto, richiamando giurisprudenza consolidatasi sul punto, il canone ermeneutico letterale ha il primato nell’interpretazione delle prescrizioni connotanti la disciplina di gara, le quali vincolano non solo i concorrenti ma anche la stessa Amministrazione, che non conserva alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione, dovendosi garantire, unitamente alle esigenze di certezza, l’imparzialità dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti. Da ciò scaturisce il corollario secondo cui, solo in presenza di un’equivoca formulazione della lettera di invito o del bando di gara, può ammettersi un’interpretazione diversa da quella letterale (cfr.: Consiglio di Stato, sez. V, 25 giugno 2014, n. 3220, 18 dicembre 2017, n. 5944 e 31 maggio 2018, n. 3267).
Sicché è stato ulteriormente esplicitato che non risulta possibile addivenire in via interpretativa ad una integrazione delle regole di gara, aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione letterale.
In ogni caso, a fronte di una clausola cui si riconnette una portata escludente ed a fronte del carattere non univoco della disposizione in essa racchiusa, l’interprete deve conformare la propria attività interpretativa al criterio del favor partecipationis, favorendo l’applicazione della disposizione che consenta la massima partecipazione possibile alla procedura (cfr.: T.A.R. Lazio – Roma, sez. II, 03/12/2020, n.12968; Cons. St., sez. V, 14 aprile 2020 n. 2400).