Con la sentenza in oggetto il Consiglio di Stato è intervenuto a chiarire la portata del principio di equivalenza ex art. 68 del D.Lgs. n. 50/2016 con particolare riferimento al tema dell’onere probatorio in ordine alla equipollenza del prodotto offerto.
In via preliminare, il Supremo Consesso rammenta che il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, “in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità”. Il principio di equivalenza è, dunque, finalizzato ad evitare un’irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353).
Nondimeno, ad avviso del supremo Consesso il principio in questione va declinato considerando la tipologia del prodotto oggetto di gara e della sua complessità. In questo senso, mentre costituisce onere del concorrente dimostrare l’equivalenza di un prodotti particolarmente complesso (es. macchinario sanitario), detto giudizio di equivalenza può essere, invece, condotto autonomamente della Commissione in presenza di prodotti comunemente presenti sul mercato.