TAR Lazio, Roma, Sez. II, 28 febbraio 2022, n. 2339. L’istituto della revisione del prezzo dell’appalto come “meccanismo perequativo potenzialmente bidirezionale”
Con la sentenza in epigrafe, la sez. II del TAR Lazio ha affermato che il meccanismo di revisione del prezzo, di cui all’art. 115 del D.Lgs. 163/2006, debba essere inteso come “meccanismo perequativo potenzialmente bidirezionale” in quanto opera sia in aumento che in diminuzione.
Ciò in forza del fatto che la revisione del prezzo sia ancorata all’indice ISTAT, le cui fluttuazioni possono ingenerare effetti rivalutativi (in aumento) o svalutativi (in diminuzione).
Nonostante l’annosa giurisprudenza in materia si sia consolidata con esclusivo riferimento alla revisione in aumento, il Collegio ha ritenuto utile citare alcuni significativi passaggi in quanto espressivi di principi generali e pertanto, valevoli anche nel caso di specie, ossia di un operatore economico che si opponeva alla revisione del prezzo in diminuzione operato unilateralmente dalla stazione appaltante in considerazione di una variazione in negativo dell’indice ISTAT di settore per l’anno precedente.
La ratio dell’art. 115 D.Lgs. 163/2006 è quella “di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994)”.
Inoltre, “l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da attuare in concreto sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’Amministrazione, non comporta alcun diritto soggettivo all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti; in tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013, n. 465)” rilevando che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo.
Fatte tali doverose premesse, il Collegio ha ritenuto di dover rigettare il ricorso e ammettere la riduzione in diminuzione sulla base di due differenti profili ermeneutici.
In primo luogo, il meccanismo ex art. 115 163/2006 “codifica invece un più generale meccanismo revisionale che (proprio perché revisionale) può rivedere il prezzo sia in senso rivalutativo che in senso svalutativo, in base al dato oggettivo delle fluttuazioni dell’indice ISTAT”.
Sotto il secondo profilo, l’obbligo di inserire clausole di revisione del prezzo risponde dapprima ad esigenze di interesse pubblico, i quali prevalgono rispetto agli interessi economici degli operatori privati.
Pertanto, “non può negarsi che tali motivi di interesse pubblico siano parimenti riscontrabili per la revisione in riduzione, atteso che l’eventuale riduzione del prezzo entro i limiti della svalutazione monetaria (e dei conseguenti minori costi sostenuti dall’operatore economico per la remunerazione dei propri fattori produttivi, sì da non pregiudicare il suo margine di utile) risponde ad incontestabili esigenze di prudente gestione delle finanze pubbliche e di buon andamento della pubblica amministrazione”.
Da ultimo, ribadisce il Collegio che il meccanismo di revisione in riduzione, così come quello in aumento, non opera mai in via automatica a seguito di variazione dell’indice ISTAT, bensì soltanto a seguito di un procedimento amministrativo in cui “l’amministrazione deve compiere tutti i propri ineludibili apprezzamenti discrezionali circa l’opportunità (o meno) dell’eventuale riduzione del prezzo, operando il necessario bilanciamento tra l’interesse oppositivo dell’appaltatore e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa” che il Giudice Amministrativo potrà censurare soltanto per manifesta irragionevolezza o abnormità.