Consiglio di Stato, sez. IV, 5 settembre 2022, n. 7709. Anche la risoluzione consensuale rientra nel perimetro degli obblighi dichiarativi
Con la sentenza in commento, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata in merito alle conseguenze di una risoluzione consensuale sulle successive procedure di affidamento di un contratto pubblico, osservando quanto segue.
La vicenda che ci occupa, infatti, trae origine dall’esclusione di una concorrente disposta dalla committente, a valle dell’accertamento della mancata dichiarazione, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-ter), del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), di una precedente risoluzione contrattuale, qualificata come consensuale ma ricondotta dal Comune a inadempimento della società con altro Comune per un servizio analogo. La committente, infatti, ha ritenuto che, seppur disposta consensualmente, la mancata utilizzazione di veicoli elettrici richiesti per lo svolgimento del servizio appaltato da cui traeva origine la risoluzione palesava a tutti gli effetti un illecito professionale, con la conseguenza che la mancata dichiarazione della stessa è riconducibile alle ipotesi di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-ter citato.
Diversamente, invece, la società ricorrente ha sostenuto che non si trattava di una risoluzione per inadempimento bensì di un recesso consensuale, derivante dalla sopravvenuta impossibilità di assicurare il servizio con veicoli completamente elettrici. Segnatamente, la ricorrente ha sostenuto l’impossibilità di assimilare la risoluzione per grave inadempimento e quella consensuale in ragione del principio di tassatività delle cause di esclusione ex art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016, giacchè la lettera c-ter), come da ultimo modificata, descriverebbe oggi l’unica fattispecie di illecito contrattuale collegata alla pregressa risoluzione per inadempimento, che si concretizza solo se dà luogo a una delle sanzioni menzionate dalla medesima disposizione, non potendosi, di contro, ammettere interpretazioni estensive.
Ciò posto, al fine di inquadrare correttamente la vicenda che ci occupa, pare opportuno rappresentare che, l’art. 80 del D.Lgs. 50/2016 disciplina i motivi di esclusione degli operatori economici dalle procedure di appalto, suddividendoli tra cause automaticamente escludenti e cause che sottendono una valutazione dell’Amministrazione, in quanto solo potenzialmente idonee ad escludere il concorrente dalla procedura selettiva. Con riferimento alle cause non automaticamente escludenti, il citato art. 80, al comma 5, stabilisce che la Stazione appaltante, tra gli altri motivi, può escludere: i) l’operatore economico che si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità (lett. c); ii) l’operatore economico nei confronti del quale sia stata disposta la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto pubblico per inadempimento, in quanto tale circostanza risulta ex se idonea a dimostrare l’inaffidabilità del concorrente (lett. c-ter); il concorrente che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere (f-bis).
A seguito della modifica legislativa operata con il d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, la stazione appaltante può disporre l’esclusione di un operatore concorrente ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c – ter) a condizione che dia conto di un pregresso episodio di inadempimento che abbia comportato le descritte conseguenze (anche nei suoi confronti, cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 dicembre 2020, n. 8506), che essa reputi grave e sufficientemente ravvicinato nel tempo e dal quale tragga ragioni sintomatiche di inaffidabilità dell’impresa.
In altri termini, dunque, la norma di cui trattasi chiaramente individua oggi una causa di esclusione che costituisce una specificazione dei generici illeciti professionali di cui alla lettera c) e non solo richiede la pregressa risoluzione per inadempimento – e non di qualsiasi tipologia di risoluzione (come indicato nella previgente versione) – ma anche la verifica con oneri di motivazione aggiuntivi in capo alla stazione appaltante (tempo e gravità).
Tanto premesso, dunque, la questione che viene in rilievo nel caso di specie afferisce al perimetro degli obblighi dichiarativi in capo al concorrente e, specificatamente, alla possibilità di ricondurre una risoluzione consensuale nell’alveo dei pregressi illeciti professionali.
Sul punto, il Collegio, discostandosi dalle conclusioni rassegnate dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 28 agosto 2020, n. 16 ed aderendo ad una giurisprudenza più recente, ha osservato che “nel perimetro degli obblighi dichiarativi rientra, pertanto, anche una precedente risoluzione consensuale intervenuta con altra stazione appaltante in fase di esecuzione di una procedura di gara quante volte la stessa sia dipesa da una condotta astrattamente idonea a fare dubitare dell’integrità ed affidabilità dell’operatore economico in vista dell’affidamento dell’appalto” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 settembre 2022, n. 7709).
A ben vedere, infatti, il contratto, ai sensi dell’art. 1372 c.c., può essere sciolto per mutuo consenso, ovverosia una forma di risoluzione contrattuale basata su una scelta di autonomia negoziale delle parti, che può trovare fondamento in qualunque ragione.
In altri termini, dunque, la risoluzione contrattuale, essendo rimessa alla libera volontà delle parti, può essere disposta tanto per la mera volontà di non proseguire nell’esecuzione del contratto quanto per la sussistenza di una causa di inadempimento.
Conseguentemente, i giudici di Palazzo Spada hanno concluso, rilevando che a prescindere dal nomen iuris che le parti hanno inteso dare allo scioglimento del contratto, quest’ultimo “è certo frutto di un accordo – e non invece di un provvedimento unilaterale dell’amministrazione – ma potrebbe essere pur sempre dovuto ad un precedente inadempimento dell’appaltatore; tale inadempimento costituisce pregressa vicenda professionale della quale la stazione appaltante deve essere edotta poiché suscettibile di far dubitare dell’affidabilità ed integrità del concorrente (Cons. Stato, sez. V, n. 4708 del 2022)”.