Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 502. Il Consiglio di Stato si pronuncia in tema di avvalimento per la certificazione di qualità
Con la sentenza in commento, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata in merito all’avvalimento della certificazione di qualità e della effettività della messa a disposizione del complesso aziendale del soggetto al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità.
La vicenda de qua trae origine dal ricorso presentato dalla società risultata seconda in graduatoria avverso il provvedimento di aggiudicazione disposto in favore di un’altra società, nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di un appalto di fornitura di un sistema informativo per la gestione del servizio di raccolta dei rifiuti nel territorio pugliese. All’esito dell’accesso agli atti di gara, infatti, è emerso che l’aggiudicataria ha dichiarato in sede di gara l’avvenuta sottoscrizione di un contratto di avvalimento, il cui oggetto è costituito dal prestito della certificazione ISO 27001, richiesta dal capitolato quale caratteristica minima dell’offerta tecnica.
La ricorrente ha lamentato, in primo luogo, l’illegittimità del ricorso allo strumento dell’avvalimento per dimostrare il possesso della certificazione ISO 27001, da intendersi quale condizione minima di partecipazione con riferimento all’offerta tecnica – e non già come mero requisito di partecipazione – e, in secondo luogo, la nullità del contratto di avvalimento per indeterminatezza dell’oggetto, non evincendosi la messa la messa a disposizione delle risorse da parte dell’ausiliaria.
Ciò posto, si osserva che l’istituto dell’avvalimento è stato introdotto nell’ordinamento nazionale in attuazione di prescrizioni dell’ordinamento dell’Unione Europea, allo scopo di garantire la più ampia partecipazione possibile alle procedure ad evidenza pubblica. In tal senso, infatti, il contratto di avvalimento consente all’operatore economico di soddisfare la richiesta del possesso dei requisiti di ordine speciale, cioè quelli di carattere economico professionale fissati di volta in volta dalla stazione appaltante, avvalendosi delle capacità di altri soggetti. In particolare, attraverso il contratto di avvalimento un’impresa (c.d. ausiliaria) si obbliga nei confronti del concorrente (c.d. ausiliata) a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto (art. 89, Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50).
Ai fini della partecipazione alla gara, “L’operatore economico dimostra alla stazione appaltante che disporrà dei mezzi necessari mediante presentazione di una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente” (art. 89, comma 1, del D.lgs. 50/2016).
Sull’istituto dell’avvalimento, considerato il fine di apertura del mercato perseguito e la riconducibilità di tale scopo agli obiettivi generali dell’ordinamento eurounitario (e sulla base di generali canoni ermeneutici di matrice UE), la giurisprudenza in più occasioni ha precisato che grava sull’operatore nazionale l’obbligo di interpretare le categorie del diritto nazionale in senso conforme ad essi (c.d. criterio dell’interpretazione conforme) e di non introdurre in relazione ad essi vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli che operano in relazione alle analoghe figure del diritto interno (si tratta di un corollario applicativo dei generali principi di parità di trattamento e di non discriminazione che devono assistere le posizioni giuridiche e gli istituti di matrice eurounitaria).
In tale ottica, anche nella fattispecie in esame, i giudici di Palazzo Spada, nel confermare gli approdi giurisprudenziali già raggiunti, hanno rilevato la legittimità dell’avvalimento da parte dell’aggiudicataria anche per la certificazione di qualità (Cons. Stato, sez. III, n. 4418 del 2019; sez. III, n. 3517 del 2015).
In effetti, ad oggi, “Giurisprudenza prevalente, dopo alcuni contrari avvisi, ne ammette oramai pacificamente l’ammissibilità (ex multis, Cons. Stato, Ad. plen. 4 novembre 2016, n. 23; V, 27 luglio 2017, n. 3710; 17 maggio 2018, n. 2953; III, 8 ottobre 2018, n. 5765; V, 10 settembre 2018, n. 5287; 20 novembre 2018, n. 6551; 18 marzo 2019, n. 1730), in particolare rilevando, come di recente, che “I certificati rilasciati da organismi indipendenti di cui all’art. 87 del Codice dei contratti pubblici sono pur sempre attinenti a capacità tecniche e professionali dell’impresa, così come definite dall’art. 58, paragrafo 4, della direttiva 2014/24/UE (“requisiti per garantire che gli operatori economici possiedono le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con adeguato standard di qualità”), di modo che, ai sensi del successivo art. 63, ben possono essere oggetto di avvalimento” (Cons. Stato, V, 13 settembre 2021, n. 6271)” (Cons. Stato, sez. V, n. 7370 del 2021).
D’altronde, “nelle gare pubbliche la certificazione di qualità, essendo connotata dal precipuo fine di valorizzare gli elementi di eccellenza dell’organizzazione complessiva, è da considerarsi anch’essa requisito di idoneità tecnico organizzativa dell’impresa, da inserirsi tra gli elementi idonei a dimostrarne la capacità tecnico professionale assicurando che l’impresa, cui sarà affidato il servizio o la fornitura, sarà in grado di effettuare la prestazione nel rispetto di un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò predisposto” (così Cons. Stato, Sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6125, vedi anche Sez. V, 6 marzo 2013, n. 1368; Sez. IV, n. 4958 del 2014; Sez. V, n. 3517 del 2015; Sez. V, n. 2953 del 2018)”.
Pertanto, alla luce degli obiettivi perseguiti dal legislatore nazionale ed eurounitario, la Quarta Sezione ha concluso, rilevando che “In caso di avvalimento, quindi, l’impresa ausiliata può senz’altro utilizzare tutti i requisiti afferenti alla capacità economica e tecnica dell’impresa ausiliaria, non esclusa la certificazione di qualità”.
Dopo aver valutato la legittimità del ricorso a tale istituto, il Collegio, tuttavia, sempre sulla scorta di consolidati orientamenti giurisprudenziali, ne ha evidenziato anche i limiti e i requisiti, rilevando che qualora oggetto di avvalimento sia la certificazione di qualità, è indispensabile che l’impresa ausiliaria metta a disposizione dell’impresa ausiliata tutta la propria organizzazione aziendale comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse che, complessivamente considerate, le hanno consentito di acquisire la certificazione di qualità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2021, n. 6271; Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1730; sez. V, 27 luglio 2017, n. 3710).
In tal senso, i giudici di Palazzo Spada hanno osservato che “l’ausiliaria deve mettere a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse, che, complessivamente considerata, le ha consentito di acquisire la certificazione di qualità da mettere a disposizione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2017, n. 852; Cons. Stato., sez. V, 12 maggio 2017, n. 2225, con considerazioni riferite al prestito dell’attestazione S.O.A., che valgono a maggior ragione per il prestito della certificazione di qualità). La qualità risulta, infatti, inscindibile dal complesso dell’impresa che rimane in capo all’ausiliaria (Cons. Stato, Sez. V, n. 3710 del 2017)”.
Tanto premesso, declinando tali principi nell’ambito della fattispecie de qua, il Collegio, pur avendone astrattamente ammesso la legittimità, ha rilevato l’incompletezza nel caso di specie del contratto di avvalimento rispetto alla complessiva organizzazione aziendale dell’ausiliaria, con conseguente inidoneità dello stesso a trasferire il requisito della certificazione di qualità e illegittimità dell’originaria aggiudicazione.