L’INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro), con nota 687/2023, d’intesa con il Ministero del Lavoro, dopo aver richiamato l’art. 11, d. lgs. 36/2023 (ossia il nuovo Codice degli appalti pubblici), ha precisato che, in base alla menzionata norma, “appare dunque imprescindibile che le imprese che impiegano personale nell’ambito di appalti pubblici e concessioni applichino il contratto collettivo stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro e – aspetto ugualmente determinante – quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”. Inoltre, nella nota si afferma altresì che, in caso di applicazione di diverso contratto, devono essere garantite le stesse tutele normative ed economiche oggetto della dichiarazione di equivalenza di cui al menzionato art. 11 (comma 4).
Infine, è chiarito che, qualora dall’attività di vigilanza dell’INL “emergano circostanze diverse, ad esempio relative all’applicazione di contratti collettivi privi dei citati requisiti, il personale ispettivo informerà la stazione appaltante e provvederà ai necessari recuperi contributivi e retributivi”.
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