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Clausola di revisione dei prezzi tra nuovo e vecchio codice dei contratti pubblici

Clausola di revisione dei prezzi tra nuovo e vecchio codice dei contratti pubblici

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Consiglio di Stato, Sez. III, 13 luglio 2023, n. 6847. Clausola di revisione dei prezzi tra nuovo e vecchio codice dei contratti pubblici (Art. 106 D.lgs. 50/2016; art. 60 D.lgs. 36/2023)

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6847 del 13 luglio 2023, nel decidere sull’appello proposto avverso la sentenza del Tar Lombardia n. 106/2023 che aveva rigettato il ricorso di un’impresa esecutrice avverso il provvedimento della stazione appaltante che rigettava la richiesta di revisione prezzi, ha avuto occasione di effettuare alcune interessanti considerazioni di carattere generale sul quadro giuridico che interessa l’istituto della revisione prezzi, soprattutto alla luce dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 36/2023.

Secondo il Consiglio di Stato, “L’istituto della revisione dei prezzi – tipica “clausola esorbitante” rispetto al comune diritto contrattuale dei privati – ha attraversato negli ultimi decenni una fase di “crisi” ed è stato sottoposto a forti critiche per la sua incidenza negativa sull’andamento dei costi gestionali delle amministrazioni, fino al punto da essere notevolmente ridimensionato nel suo ambito applicativo. Per gli appalti di servizi e forniture a esecuzione periodica o continuativa l’art. 44, commi 4 e 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, prevedeva una revisione periodica dei prezzi sulla base di un’istruttoria condotta dalla stazione appaltante tenendo conto dei prezzi di mercato rilevati dall’Istat, meccanismo poi confermato dall’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, che prevedeva l’obbligatorio inserimento nei contratti a esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture di una clausola di revisione periodica del prezzo che tenesse conto dei costi standardizzati per tipo di servizi e fornitura. Il codice del 2016, invece, si è limitato, nell’art. 106, a facoltizzare l’inserimento della previsione nei documenti di gara, ma solo a condizione che la modifica del contratto durante il suo periodo di efficacia non fosse tale da alterare le condizioni della gara, dovendo altrimenti essere esperita una nuova procedura di affidamento. Solo di recente, sull’onda della crisi pandemica e della forte impennata dei costi dell’energia e delle materie prime per la guerra in Ucraina, l’istituto è stato reintrodotto con numerose norme speciali (contenute per lo più nella decretazione d’urgenza e nelle ultime leggi annuali di bilancio). Il nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, lo ha nuovamente ammesso a sistema (art. 60: “1. Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi”).

Dunque, posto che la logica sottesa al precedente Codice (D.Lgs. 50/2016), era quella di evitare che la clausola revisionale potesse alterare in modo sostanziale il contratto riflettendosi negativamente sulla effettività delle condizioni concorrenziali della gara, il Collegio ha considerato la regola generale era quella del divieto di clausola revisionale, salvi i casi derogatori tassativamente previsti.

Sicché, trattandosi di norma derogatoria, “non ne è consentita un’interpretazione analogica ed estensiva”.

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