Consiglio di Stato, Sez. V, 18 ottobre 2024, n. 8352. Il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara coincide con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato si è pronunciato sul tema del dies a quo del termine di impugnazione di un provvedimento di aggiudicazione nell’ipotesi in cui sia stata presentata dal ricorrente una istanza di accesso agli atti, tenuto conto degli obblighi di pubblicazione degli atti della procedura di gara introdotti dal nuovo Codice dei contratti pubblici.
Infatti, contrariamente a quanto previsto dalla legislazione previgente, l’art. 36, D.Lgs. n. 36/2023 prescrive che “L’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90” (comma 1) e che “Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate” (comma 2).
Ebbene, nel caso sottoposto allo scrutinio dei Giudici di Palazzo Spada, i suddetti obblighi di pubblicazione non erano stati assolti dalla Stazione Appaltante, con la conseguenza che l’impresa controinteressata era stata costretta a presentare un’istanza di accesso agli atti.
Dunque, contrariamente a quanto aveva ritenuto il Giudice di prime cure, ad avviso del Massimo Consesso, la presentazione dell’istanza di accesso (purché questa avvenga, come ritenuto dalla giurisprudenza formatasi sulla previgente codificazione, nel termine dei quindici giorni dall’aggiudicazione previsti dall’art. 76, co. 2, D.Lgs. n. 50/2016) determina uno slittamento del dies a quo del termine di impugnazione dell’aggiudicazione al giorno in cui il ricorrente acquisisce gli atti oggetto dell’istanza di accesso.
A nulla rileverebbe, in senso contrario, l’obbligo di pubblicazione imposto dalla nuova disciplina sull’accesso agli atti di gara, posto che, “nel caso di specie, non risulta che la stazione appaltante abbia messo a disposizione dell’odierna appellante tutti gli atti del procedimento di gara, se non a seguito della richiesta di accesso da quest’ultima avanzata”.
Invero, secondo il Consiglio di Stato, l’attuale assetto normativo, persegue proprio “l’obiettivo di evitare i c.d. ricorsi “al buio”” (e non quello di favorirli), e “si pone in linea con l’orientamento espresso dal giudice euro unitario secondo cui “la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell’Unione dagli stessi lamentata” (cfr. Corte di giustizia UE, Sez. IV, ord. 14 febbraio 2019, in C- 54/18; Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 2022, n. 10696)”.