Consiglio di Stato sez. III 25/3/2025 n. 2464. La normativa che prevede l’esclusione dall’appalto per gravi violazioni contributive, pur prevedendo conseguenze significative per gli inadempimenti, è costituzionalmente legittima poiché bilancia l’esigenza di tutela dei lavoratori, portatori di interessi di rilievo costituzionale, con meccanismi che incentivano il datore di lavoro alla regolarizzazione spontanea, garantendo così la proporzionalità e la ragionevolezza delle misure adottate
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2464 del 25 marzo 2025, ha rigettato l’appello proposto da una concorrente, inizialmente aggiudicataria di una gara indetta dalla ASL 2 Lanciano-Vasto-Chieti e successivamente esclusa per irregolarità contributive, stabilendo che l’esclusione automatica del concorrente che violi la disciplina in materia contributiva è legittima e non presenta profili di incostituzionalità.
In particolare, la vicenda prende le mosse dall’annullamento dell’aggiudicazione in favore dell’appellante, disposta in autotutela dalla ASL e motivata sulla sussistenza di un’irregolarità sui contribuiti INAIL, ritenuta grave ai sensi dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016.
L’appellante ha contestato l’automatismo dell’esclusione, adottata in assenza di una valutazione della stazione appaltante sulla gravità concreta della violazione e senza alcun tipo di controllo sul rapporto fra il valore della stessa, il valore della gara e la capacità dell’impresa, sostenendo la natura non vincolata della medesima, bensì discrezionale.
Il TAR Abruzzo aveva respinto il ricorso ritenendo, sulla scorta della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 7/2024, che «la violazione è grave ove superi le soglie richiamate dall’articolo 80 comma 4, così privando la stazione appaltante di discrezionalità in ordine alla determinazione della gravità» e che «solo per le violazioni “non definitivamente accertate” non opera in caso di gravità l’esclusione automatica». Nel caso in questione, la violazione era stata considerata definitivamente accertata in quanto il pagamento era avvenuto da parte della società senza riserve.
In sede di appello, la società, nel tentativo di sovvertire la decisione di primo grado, ha sollevato un’eccezione di incostituzionalità dell’art. 80, comma 4, lamentando l’irragionevolezza di una esclusione automatica basata sul superamento, in misura minima, della soglia di valore «senza correlarla al valore dell’appalto».
Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha dichiarato l’appello inammissibile, evidenziando che la censura formulata in appello si è fondata su presupposti nuovi e differenti rispetto a quelli sviluppati in primo grado. Infatti, se davanti al TAR la società ha contestato il mancato esercizio del potere discrezionale e l’assenza di una motivazione alla base dell’esclusione, in appello questa ha sostenuto, invece, contraddicendosi, la natura vincolata della causa escludente e la sua asserita incostituzionalità.
Il Collegio, ritenendo che tale modifica costituisse un motivo nuovo e dunque inammissibile, ha osservato che «la questione che viene posta in sede di appello si delinea come del tutto innovativa» e, dunque, la statuizione di automaticità dell’esclusione fosse da ritenere ormai «coperta da giudicato». Inoltre, ha respinto nel merito la questione di costituzionalità, sottolineando le differenze sussistenti tra le irregolarità fiscali — oggetto dell’Adunanza Plenaria n. 7518/2024 — e quelle contributive, rilevando che, nel caso di queste ultime «la posizione del lavoratore attinge a beni di rilievo costituzionale (art. 36 Cost.)», e che quindi l’automatismo espulsivo è giustificato dalla necessità di tutelare interessi di particolare rilevanza sociale e costituzionale.
Da ultimo, il Consiglio ha precisato che «sono evidenti le peculiarità procedimentali che rendono meno rigida la disciplina delle violazioni contributive», consentendo, tra l’altro, la possibilità di sanatoria tramite rateizzazioni, sospensioni e compensazioni prima dell’emissione di un DURC negativo. Inoltre, ha escluso che, nel caso concreto, vi fosse stata violazione di principi costituzionali di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza, ritenendo le conseguenze scaturenti dall’irregolarità, compatibili con l’assetto normativo e costituzionale vigente.