CGARS, Sez. I, 11.4.2022, n. 450. Sulla base di calcolo del c.d. “incremento del quinto” ex art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207/2010
Con la pronuncia in commento il CGARS ha fornito interessanti chiarimenti in merito all’importo da assumere a base del calcolo per l’utilizzabilità del premio del quinto di cui all’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207/2010, nel caso in cui il concorrente sia un RTI.
Il Collegio, in particolare, ha mostrato di voler prendere le distanze dall’orientamento espresso sul punto dal Consiglio di Stato (Sez. III, 13.4.2021, n. 3040), per il quale l’entità della qualificazione richiesta dalla norma in esame per poter beneficiare dell’incremento andrebbe interpretata in senso letterale, ossia il 20% dell’importo totale dei lavori.
Pur condividendone la ratio di fondo – i.e. quella di evitare che, nel caso di RTI, la premialità del quinto esasperi gli effetti della qualificazione virtuale, così cagionando un eccessivo frazionamento dei requisiti –, il CGARS ha invero ritenuto che siffatto ragionamento conduca “al risultato paradossale di subordinare l’aumento del quinto della categoria interessata (di cui i singoli partecipanti al raggruppamento possiedono i requisiti solo parzialmente, essendosi associati a tal fine) ad una condizione che impone di possedere detto requisito, per ogni singola impresa del raggruppamento, in misura superiore all’importo totale previsto dalla stazione appaltante per quella categoria”.
Di talché, volendo aderire alla soluzione prospettata dal Consiglio di Stato e quindi porre quale denominatore della frazione di un quinto l’importo complessivo a base di gara, l’unica possibile soluzione interpretativa, che consenta di salvaguardare le finalità proconcorrenziali sottese alla disciplina dei raggruppamenti temporanei di imprese, consiste nell’adoperare quale numeratore un dato “omogeneo”, che ricomprenda “le complessive qualificazioni possedute (anche in altre categorie) dalla società partecipante al raggruppamento che intenda usufruire del quinto di incremento”.