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Le censure dirette ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura non comportano in capo al deducente l’onere di fornire alcuna prova di resistenza

Le censure dirette ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura non comportano in capo al deducente l’onere di fornire alcuna prova di resistenza

TAR Lombardia

TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 13 maggio 2022, n. 1113. Le censure dirette ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura non comportano in capo al deducente l’onere di fornire alcuna prova di resistenza

Con la sentenza in commento, la sezione IV del TAR Lombardia, si è pronunciata in merito all’onere di fornire la prova resistenza nel caso di censure dirette ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura di gara.

In particolare, la ricorrente nell’impugnare la propria esclusione e l’aggiudicazione della società controinteressata, con il primo motivo di ricorso lamentava la carenza di motivazione del punteggio attribuitole dalla commissione, contestando l’ampiezza e l’indeterminatezza di alcuni dei criteri previsti nel disciplinare, l’assenza di sub criteri nonché la mancanza di una motivazione, in quanto tali elementi non avrebbero reso percepibile l’iter logico seguito nell’assegnazione dei punteggi.

D’altro canto, la Stazione Appaltante eccepiva “l’inammissibilità del ricorso per il mancato superamento della prova di resistenza, poiché la ricorrente non avrebbe dimostrato come un eventuale accoglimento del vizio di motivazione le consentirebbe di ottenere il bene della vita anelato”.

Secondo il TAR tale eccezione risulta infondata in quanto, secondo costante giurisprudenza, “allorché le censure proposte sono dirette ad ottenere l’annullamento dell’intera procedura e non il conseguimento di una immediata collocazione utile nella graduatoria impugnata, non sussiste in capo al deducente l’onere di fornire alcuna prova di resistenza (si vedano, in tal senso, Cons. Stato, sez. III, 2.3.2018, n. 1312 e 5 marzo 2018, n. 1335; Id., sez. VI, 1.4.2016, n. 1288); ciò è tanto più vero nella ipotesi in cui oggetto di censura è lo stesso assetto di regole disciplinari sulla cui base si è svolta la selezione, in particolare laddove dette regole rendano scarsamente intelligibili (e quindi non criticabili) gli esiti del confronto competitivo”. Inoltre, il TAR afferma che “l’utilitas che in ipotesi siffatte la parte ricorrente in giudizio può ritrarre è quella, già evidenziata, della rinnovazione della gara, interesse strumentale che la Corte di Giustizia UE riconosce, nelle controversie relative all’aggiudicazione di appalti pubblici, come meritevole di tutela per esigenze di effettività” (cfr. sentenza Puligienica, Corte di giustizia Ue, grande sezione, 5 aprile 2016, C-689/13).

Pertanto, alla luce di tali principi giurisprudenziali non può ritenersi che fosse onere della ricorrente fornire alcuna dimostrazione della spettanza dell’aggiudicazione né dell’irragionevolezza di una valutazione che, nella prospettazione della ricorrente, è incomprensibile.

In tal senso, qualora il verbale di gara si limiti a riportare i punteggi numerici assegnati alle offerte – i quali, per quanto corrispondenti a un giudizio (da non valutabile a ottimo), non consentono di comprendere quale sia stato l’iter logico seguito dai commissari nell’esprimere i propri giudizi – questo deve ritenersi affetto da difetto di motivazione, vizio certo non meramente formale ma che palesa la superficialità e l’arbitrarietà dell’operato della commissione e intacca l’intera procedura di gara. Difatti, “non possono supplire alle carenze della motivazione le argomentazioni formulate dalle difese delle parti resistenti a giustificazione dei punteggi attribuiti dalla commissione nelle memorie depositate in giudizio: è, invero, inammissibile l’integrazione in sede giudiziale della motivazione dell’atto amministrativo mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, sez. IV, 19/07/2021, n. 5401)”.

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