Con la sentenza in oggetto, il TAR Roma è stato chiamato a pronunciarsi in ordine alle clausole di revisione prezzi contrattualmente previste, a fronte del ricorso dell’affidataria di un servizio di ristorazione che ha domandato l’annullamento del provvedimento della stazione appaltante nella parte in cui – nell’accogliere la richiesta di compenso revisionale per il servizio svolto – non ha riconosciuto gli interessi moratori sulla somma liquidata.
Il Collegio adito, in primo luogo – a fronte dell’eccezione della resistente – si è soffermato sulla questione del giudice competente a trattare le controversie de quibus, sostenendo che sussiste “la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, sulla base dei principi noti e più volte ribaditi dalla Giurisprudenza (Cassazione civile sez. un., 12.10.2020, n. 21990) secondo cui nelle controversie relative alla clausola di revisione del prezzo, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in conformità alla previsione di cui all’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2), D.Lgs. 104 del 2010, sussiste nell’ipotesi in cui il contenuto della clausola implichi la permanenza di una posizione di potere in capo alla P.A. committente, attribuendo a quest’ultima uno spettro di valutazione discrezionale nel disporre la revisione, mentre, nella contraria ipotesi in cui la clausola individui puntualmente e compiutamente un obbligo della parte pubblica del contratto, deve riconoscersi la corrispondenza di tale obbligo ad un diritto soggettivo dell’appaltatore, il quale fa valere una mera pretesa di adempimento contrattuale, come tale ricadente nell’ambito della giurisdizione ordinaria”.
Ebbene, nel caso di specie, limitandosi la clausola contrattuale contenuta nel CSA a recepire l’obbligo legale di revisione del prezzo senza introdurre alcun tipo di criterio predeterminante il contenuto della prestazione (anche per quel che attiene al quantum), è stata ravvisata l’attribuzione all’Amministrazione del relativo potere amministrativo e, dunque, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
In merito all’applicazione della c.d. mora automatica al compenso revisionale, il TAR adito ha richiamato quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza in materia, ovvero che “la pretesa al compenso revisionale non ha la consistenza di un diritto soggettivo perfetto, in quanto la posizione giuridica soggettiva ha piuttosto la natura di interesse legittimo rispetto al potere-dovere della stazione appaltante di provvedere in merito all’istanza presentata dall’impresa interessata (cfr. Cons. Stato, V, 27 novembre 2015, n. 5375) e la relativa determinazione va effettuata dalla stazione appaltante all’esito di un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi”.
In ragione di tali principi, il Collegio ha ritenuto che, ai fini della “decorrenza degli interessi di mora deve aversi riguardo alla determinazione amministrativa sulla spettanza del compenso revisionale (così Cons. Stato, III, 14 luglio 2014, n. 3684); dovendosi escludere che, prima della determinazione amministrativa sulla spettanza del compenso revisionale che nel caso è data dalla deliberazione n. 413 del 21.6.2016, possa trovare applicazione l’interesse legale di mora stabilito per le transazioni commerciali dal d.lgs. n. 231 del 2002”.