Consiglio di Stato, sez. V, 15.11.2022 n. 10020. Condizioni di ammissibilità dei requisiti di capacità tecnica e professionale più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla legge
La vicenda trae origine dall’accoglimento, da parte del Giudice di prime cure, del ricorso esperito da un RTP avverso il provvedimento con cui veniva escluso da una procedura negoziata per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva relativa ad un intervento di adeguamento sismico.
In particolare, il RTP impugnava il provvedimento di esclusione in uno con la lettera di invito, nella parte in cui quest’ultima prescriveva che “i servizi resi in favore di committenti privati sono valutabili solo se l’opera progettata è stata in concreto realizzata”; l’interesse all’impugnazione risiedeva nella circostanza per cui alcune delle opere progettate a favore dei privati dal mandatario e da uno dei mandanti del RTP erano in corso di esecuzione e comunque non ancora realizzate.
Il TAR accoglieva il ricorso, nell’assunto dell’illegittimità della clausola della lettera di invito, che avrebbe imposto di dimostrare il possesso dei requisiti tecnico-professionali attraverso mezzi di prova non previsti da alcuna espressa disposizione normativa, o comunque sproporzionati e inadeguati rispetto all’oggetto del Contratto.
L’appellante critica la sentenza di primo grado poichè avrebbe erroneamente interpretato gli artt. 83 e 86 del D.Lgs. n. 50/2016; ciò in quanto, volendo accedere all’interpretazione fornita dal primo Giudice, mentre per la progettazione resa in favore di committenti pubblici sarebbe necessaria – per una corretta valutazione delle capacità tecniche – l’approvazione dei progetti, rispetto alla committenza privata basterebbe la mera effettuazione della progettazione.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato tale motivo, sottolineando che “proprio dall’esegesi del quadro normativo…si evince che, con riguardo ai requisiti di capacità tecnica e professionale, la Stazione appaltante mira ad accertare l’idoneità tecnica ed organizzativa ai fini dell’esecuzione dell’appalto, anche guardando ad un arco temporale più esteso dei tre anni, e dunque valorizzando il criterio dell’esperienza”.
Alla luce di ciò, troverebbe quindi giustificazione, in conformità ad un consolidato indirizzo giurisprudenziale, la possibilità per la Stazione Appaltante “di fissare requisiti di partecipazione più rigorosi e superiori a quelli previsti dalla legge, quale quello che richiede, a comprova del servizio di ingegneria reso, che, in caso di committenti privati, l’opera progettata sia stata in concreto realizzata, come pure, in relazione alla committenza pubblica, che i progetti siano stati approvati o comunque sia stato redatto il verbale di verifica o validazione ai sensi di legge; si tratta in entrambi i casi di requisiti volti a consolidare il requisito esperienziale per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità”.
Il discrimine, dunque, risiede nella eventuale manifesta abnormità o illogicità della richiesta di requisiti di capacità tecnica e professionale più rigorosi rispetto agli standard di settore. Ove tale soglia di illogicità non dovesse essere superata, la scelta dell’Amministrazione dovrà pertanto ritenersi conforme ai principi di adeguatezza e proporzionalità dell’azione amministrativa.
Nel caso di specie, ricorda il Collegio, tale illogicità non è riscontrabile, soprattutto se si considera che l’intervento di adeguamento sismico di cui si discute è relativo ad un istituto scolastico, per cui è evidentemente coerente la previsione di requisiti più rigorosi che assicurino una valutazione puntuale in ordine all’affidabilità dei professionisti chiamati a fornire i servizi di progettazione.