T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-quater, 14.7.2021, n. 8420, sulle condizioni per la rettifica dell’errore materiale e sull’inammissibilità di operazioni manipolative o di adattamento dell’offerta
Con la pronuncia in disamina il T.A.R. Lazio ha ribadito che, per costante e univoco indirizzo giurisprudenziale, ciò che si richiede al fine di poter identificare un errore materiale e, quindi, procedere legittimamente alla sua rettifica, “è che l’espressione erronea sia univocamente riconoscibile come tale, ovvero come frutto di un “errore ostativo” intervenuto nella fase della estrinsecazione formale della volontà”.
Occorre in particolare, secondo il T.A.R., che l’errore “sia il frutto di una svista che determini una discrasia tra manifestazione della volontà esternata nell’atto e volontà sostanziale dell’autorità emanante, obiettivamente rilevabile dall’atto medesimo e riconoscibile come errore palese secondo un criterio di normalità, senza necessità di ricorrere ad un particolare sforzo valutativo e/o interpretativo, valendo il requisito della riconoscibilità ad escludere l’insorgenza di un affidamento incolpevole del soggetto destinatario dell’atto in ordine alla corrispondenza di quanto dichiarato nell’atto a ciò che risulti effettivamente voluto”.
Per l’effetto, la rettifica di eventuali errori è considerata ammissibile a sola condizione “che non si sostanzi in operazioni manipolative e di adattamento dell’offerta”.
In caso contrario, invero, ne risulterebbero gravemente violati i principi della par condicio competitorum dell’affidamento nelle regole della gara, nonché le esigenze di trasparenza e certezza, con conseguente necessità di prevenire possibili controversie sull’effettiva volontà dell’offerente.