Con l’ordinanza in commento, la Sezione V del Consiglio di Stato ha deferito all’Adunanza Plenaria la questione relativa alle conseguenze derivanti dalla presentazione, in sede di gara, della domanda di concordato preventivo in bianco da parte dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo.
In via preliminare, il Collegio ha ritenuto opportuno premettere una breve disamina sulle caratteristiche proprie del concordato in bianco e del concordato con continuità aziendale.
Come noto, il concordato in bianco – introdotto ex novo dal D.L. 22 giugno 2012 n. 83, così come da ultimo convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 – si traduce nella possibilità di depositare una domanda di concordato preventivo priva, di fatto, di contenuto, in quanto unicamente finalizzata a chiedere al Tribunale la concessione di un termine entro il quale predisporre la vera e propria proposta di concordato. La ratio sottesa a tale istituto va evidentemente individuata nel concedere all’operatore economico, per tutto l’arco temporale dettato dal termine concesso dal Tribunale, “un ombrello protettivo” contro le aggressioni esecutive dei creditori, le azioni cautelari e l’iscrizione unilaterale di diritti di prelazione – art. 168 l. fall. – pur in assenza di una proposta di concordato vera e propria, solo in presenza della quale potevano prima scattare comparabili (anche se non identiche) misure protettive”.
Il concordato con continuità aziendale, che come è noto consente la partecipazione dell’imprese alle gare d’appalto, è invece disciplinato dall’ art.186 bis della Legge Fallimentare e si ha quando “il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e), prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione”.
Ciò posto, la Sezione si è interrogata in ordine alla legittimità dell’eventuale commistione dei richiamati istituti, ossia sulla possibilità di presentare una domanda di concordato in bianco con effetti “prenotativi” sulla successiva presentazione del concordato in continuità aziendale, nonché sulle conseguenze di tali domande sulla partecipazione dell’operatore economico alle gare ad evidenza pubblica.
Sotto tale profilo, la Sezione ha rilevato due orientamenti giurisprudenziali opposti.
Un primo orientamento estensivo “propende per l’applicabilità anche alla fattispecie in esame della deroga prevista dall’art. 186 bis della legge fallimentare con il deposito dell’istanza di ammissione al concordato, secondo cui, nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, l’impresa conserva la facoltà di partecipare alle gare di affidamento dei pubblici contratti: ciò varrebbe, quindi, anche nell’ipotesi in cui l’impresa abbia inizialmente proposto una domanda di ammissione “in bianco” con riserva di presentare, nel termine massimo fissato dal giudice, la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 186 bis legge fallimentare (Cons. di Stato, Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328; id., Sez. III, 20 marzo 2018, n. 1772 e la giurisprudenza ivi richiamata; id.., Sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519).
In base a questo indirizzo giurisprudenziale la presentazione di una domanda di concordato “in bianco”, con riserva di istanza per il concordato con continuità aziendale, non impedisce di per sé la partecipazione ad una procedura di gara e non determina la perdita dei requisiti di partecipazione in capo all’operatore economico.
Di contro, il contrapposto orientamento esclude ogni possibilità di partecipare alle gare ad evidenza pubblica per l’impresa che abbia presentato domanda di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 6, Legge Fallimentare, laddove detta partecipazione non sia straordinaria e urgente (Cons. Stato, VI, 13 giugno 2019, n. 3984).
Secondo l’orientamento restrittivo, in altri termini, l’istanza di concordato c.d. “in bianco”, determinerebbe una soluzione di continuità del possesso dei requisiti di ordine generale richiesti dall’art. 80, comma 5, lett. b) del D.Lgs. n. 50/2016, che neppure la successiva ammissione al concordato “con continuità aziendale” potrebbe retroattivamente sanare.
Esaminata tale questione di carattere preliminare, la Sezione si è poi interrogata sul momento in cui debba intervenire, per evitare l’esclusione dalla gara, l’autorizzazione contemplata dall’art. 186 – bis della legge fallimentare, necessaria per l’ammissione al concordato con continuità aziendale, precisando come sul punto lo stesso Consiglio di Stato avesse recentemente stabilito che “la partecipazione dell’impresa in concordato con riserva di presentazione della proposta e del piano è consentita solo se “l’autorizzazione del Tribunale fallimentare che accerti la capacità economica della stessa di eseguire l’appalto intervenga nel corso della procedura di gara”, poiché solo nella gara è concepibile che sia fatta quella «valutazione in concreto circa l’affidabilità dell’impresa», e non quando la procedura si è ormai conclusa (Con. Stato, 1328/2020
Da ultimo, la Sezione si è posta l’ulteriore questione, connessa e legata alla precedenti, in merito agli effetti della presentazione di un’istanza di concordato in bianco da parte dell’impresa mandante sulla partecipazione alla gara dell’intero raggruppamento. In altri termini, è emersa la necessità di verificare se siffatto scenario debba comportare soltanto la mera estromissione della mandante, con la conseguente possibilità di operarne la sostituzione anche con altra impresa ovvero se, nel caso in cui la mandataria o le imprese residue non soddisfano autonomamente i requisiti di partecipazione, si debba irrimediabilmente addivenire all’esclusione dell’intero raggruppamento e all’illegittimità dell’eventuale aggiudicazione disposta a suo favore.
Pertanto, preso atto dei contrasti giurisprudenziali sulle suesposte questioni diritto, la Sezione ha rimesso all’Adunza Plenaria i seguenti quesiti:
“a) Se la presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, legge fallimentare (r.d. n. 267/1942) debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale;
- b) se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione;
- c) in quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara;
- d) se le disposizioni normative di cui all’art. 48, commi 17, 18, 19 ter del d.lgs. n. 50/2016 debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex art. 161, comma 6, cit. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del r.t.i. dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione”.