Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza del 6 maggio 2021 n. 3538, ha stabilito che è illegittima in quanto restrittiva della concorrenza la clausola che impone al concorrente di impegnarsi, a pena di esclusione, a corrispondere una somma a titolo di corrispettivo per le attività di committenza in percentuale sull’importo complessivo posto a base di gara.
I giudici hanno ritenuto che tale clausola operi “una restrizione della concorrenza, poiché è evidente che, in forza di tale previsione, il corrispettivo contrattuale sarebbe risultato, sia pure indirettamente, decurtato della predetta somma e sarebbe stato ben possibile che, per ragioni di economia aziendale, proprie di ciascun impresa, il servizio da prestare potesse risultare in prospettiva non più remunerativo (o non adeguatamente remunerativo) e così indurre un operatore economico a non prendere parte alla procedura”.
Inoltre, “il principio di massima partecipazione in ottica pro-concorrenziale è espressamente previsto dall’art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici come Grundnorm che permea di sé l’intera disciplina dei contratti pubblici e le singole regole che la compongono.”
Da ultimo, “la clausola contestata è illegittima anche per altre ragioni: non tanto, o non solo, perché contrasta con l’art. 41, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, come ritenuto da questa Sezione nella sentenza 3 novembre 2020, n. 6787, ma specialmente perché comporta effettivamente l’imposizione di una prestazione a carico del privato in assenza di previa disposizione di legge, come richiesto dall’art. 23 Cost.”.
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