Cons. Stato, Sez. V, 09.03.2023, n. 2512. Distinzione tra varianti non consentite e miglioramenti ammessi rispetto al progetto a base di gara
Il Coniglio di Stato, Sezione quinta, con la sentenza in epigrafe, ha affrontato la questione della distinzione tra le varianti non consentite e i miglioramenti ammessi rispetto al progetto a base di gara.
Con specifico riferimento al caso di specie, l’impresa ricorrente aveva impugnato il provvedimento della Regione Toscana che aveva disposto la sua esclusione dalla gara e la contestuale aggiudicazione definitiva in favore del RTI controinteressato, nonostante avesse ottenuto, all’esito delle valutazioni delle offerte, il miglior punteggio complessivo. In sintesi, secondo l’impresa ricorrente, il provvedimento di esclusione, basato sulla difformità progettuale della proposta migliorativa di trattamento direttamente in cantiere delle rocce da scavo e dei materiali di demolizione, sarebbe stata illegittimamente rilevata soltanto nel corso della verifica di anomalia dal RUP, il quale aveva effettuato una nuova valutazione tipicamente discrezionale sulla “accettabilità” dei contenuti dell’offerta tecnica, spettante invece alla Commissione, così invadendo ambiti e competenze a quest’ultima riservati.
Il giudizio di primo grado si concludeva con il rigetto del ricorso e la pronuncia veniva appellata dinanzi al Consiglio di Stato.
Il Supremo Consesso ha riformato la decisione del TAR, ritenendo fondati i motivi di appello proposti dall’appellante, in particolare quelli inerenti all’invasione di competenza del RUP a discapito della Commissione di gara e alla qualificazione della modifica proposta come variante migliorativa.
Proprio con riferimento a quest’ultima, il Collegio ha avuto modi di pronunciarsi sulla distinzione tra variante non consentita e miglioramento ammesso, affermando che “è insito nella scelta del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa che le imprese propongano quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio; altrimenti, l’esclusione di qualsivoglia significativa e non marginale diversificazione tra le offerte tecniche delle singole imprese priverebbe di contenuti la previsione del detto criterio di aggiudicazione, finendo per ridimensionarne la portata o l’utilità, così mortificando la competizione tecnica tra le concorrenti”.
Aggiungendo immediatamente dopo che “nell’appalto di lavori è dunque sanzionabile con l’esclusione soltanto l’offerta tecnica che, contenendo un progetto in variante inammissibile, presupponga un’opera intrinsecamente e radicalmente diversa da quella richiesta dalla stazione appaltante, tanto da dare luogo ad un aliud rispetto all’opera complessivamente prefigurata dall’Amministrazione ovvero da impedirne la fattibilità tecnica”.
Sicché il Consiglio di Stato, riscontrando che la proposta migliorativa dell’impresa (positivamente valutata dalla Commissione giudicatrice anche sotto il profilo della sua natura) non comportava uno stravolgimento dell’assetto progettuale, ha ritenuto che non necessaria una riapprovazione della proposta migliorativa e, pertanto, ha riformato la sentenza di primo grado.