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Invalidità delle certificazioni rilasciate da organismi di accreditamento del Regno Unito a seguito della Brexit

Invalidità delle certificazioni rilasciate da organismi di accreditamento del Regno Unito a seguito della Brexit

Tar Lazio roma

TAR Lazio – Roma, sez. I-ter, 12 luglio 2023, n. 11634 – Invalidità delle certificazioni rilasciate da organismi di accreditamento del Regno Unito a seguito della Brexit

Con ricorso dinanzi al T.A.R. Lazio – Roma, la società, seconda classificata, impugnava il provvedimento di aggiudicazione dalla gara, lamentando la mancata presentazione – da parte della mandante dell’ATI prima classificata – di un valido certificato di conformità del sistema di gestione ambientale (norma UNI EN ISO 14001:2015), di cui dovevano essere in possesso, come da disciplinare, tutti i soggetti partecipanti al raggruppamento. Sul punto, la ricorrente evidenziava che la certificazione di qualità della mandante era stata rilasciata da un ente certificatore accreditato presso un organismo di accreditamento (“UKAS”) di uno Stato terzo, nella fattispecie il Regno Unito, non facente più parte dell’UE a seguito della Brexit e, quindi, non spendibile per la partecipazione alle gare pubbliche.

Il Collegio, esaminata la questione, ha accolto il ricorso, rilevando che la certificazione di qualità della mandante non rispettava i requisiti stabiliti dal disciplinare e dalla normativa europea, in quanto l’ente certificatore era accreditato presso un organismo di accreditamento (“UKAS”) del Regno Unito, ossia di uno Stato Terzo non più appartenente all’Unione Europea a seguito della Brexit; quindi, anche ai sensi del Regolamento (CE), n. 765/2008, l’ente non poteva più essere considerato un valido certificatore.

A sostegno della motivazione sull’accoglimento del ricorso il Collegio ha citato la nota pronuncia della Corte di Giustizia (CGUE, sentenza C-142/2020) e il recentissimo arresto del Consiglio di Stato ove è statuito che “dopo la Brexit, ossia dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, l’UKAS non è più equiparabile agli organismi di accreditamento nazionale, né a tal fine si può fare ricorso agli accordi multilaterali che organi extra UE possono stipulare con altri organismi di accreditamento nazionale. In altre parole EA ha negato che certificazioni di qualità rilasciate da organismi accreditati da UKAS possano essere ritenute conformi al regolamento n. 765 del 2008. Alla luce di quanto riportato si deve concordare con le posizioni al riguardo assunte da European Accreditation, la quale è l’organismo europeo deputato alla regolazione e alla vigilanza nel settore del sistema degli accreditamenti sulle certificazioni di qualità (le cui posizioni non potrebbero peraltro essere oggetto di sindacato da parte di questo giudice amministrativo), e tanto per le ragioni di seguito sintetizzate: 9.1. Da un esame complessivo della normativa eurounitaria ed interna in materia di appalti (art. 62 direttiva 2014/25/UE, applicabile agli aeroporti, e art. 87 decreto legislativo n. 50 del 2016) emerge un sistema pacificamente imperniato, con riguardo alle c.d. certificazioni di qualità, sul sistema di accreditamento di cui al Regolamento CE n.765/2008; 9.2. Pertanto sono a tal fine accettati, dalle stazioni appaltanti, i certificati di qualità rilasciati da soggetti interni o di altri Stati membri (c.d. organismi di valutazione di conformità) il cui accreditamento sia stato a sua volta ottenuto da un organismo di accreditamento unico nazionale o comunque, in via eccezionale, di altri Stati membri (cfr. le deroghe contenute, rispetto al principio dell’unico organismo nazionale di accreditamento, nell’art. 4, par. 2, e nell’art. 7, par. 1, del suddetto Regolamento comunitario); 9.3. Da quanto sopra detto consegue che, almeno nell’ambito della particolare materia dei pubblici appalti, i certificati rilasciati da soggetti a loro volta accreditati da organismi appartenenti a Paesi extra UE non conservino ulteriormente validità al fine di partecipare a gare o comunque di ottenere simili punteggi premiali: ciò che si registra nel caso di specie proprio per effetto della c.d. BREXIT;” (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2023, n. 4089).

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