Cons. Stato, Sez. I, 5 maggio 2022, n. 808. Precisazioni del Consiglio di Stato in merito alla nomina dell’arbitro in caso di inerzia della parte
Nel Parere n. 808 del 5 maggio 2022 il Consiglio di Stato ha chiarito che compete al Presidente del Tribunale, quale il soggetto istituzionale a ciò deputato, la nomina dell’arbitro di parte nel caso di inerzia della parte stessa, escludendo perciò la sussistenza di tale potere in capo alla Camera arbitrale.
Il Consiglio di Stato ha offerto a supporto del principio esposto una motivazione articolata nei diversi punti che di seguito si passa a riassumere.
In primis, il Consiglio di Stato muove dall’ampiezza del rinvio operato dall’art. 209, comma 10, D.lgs. 50/2016 – recante la disciplina generale dell’arbitrato in materia di appalti – alle norme dettate dal codice di procedura civile e alla chiara natura derogatoria e dunque eccezionale delle norme contenute nel codice degli appalti.
Muovendo da tale impostazione, il Consiglio di Stato, ha ritenuto la natura derogatoria della disciplina della procedura di nomina degli arbitri da parte della camera arbitrale, contenuta nel codice degli appalti, rispetto a quella generale del codice di procedura civile e ne ha, escluso, stante il divieto ex art. 14 delle Preleggi, l’applicabilità in via analogica alla (diversa) fattispecie in esame.
D’altro, canto, continua il Consiglio di Stato, essendo la Camera arbitrale un organo amministrativo e come tale soggetto al principio di legalità dell’azione amministrativa, competono alla stessa solo i poteri espressamente conferitigli dalla legge, tra i quali non risulta anche quello di designazione dell’arbitro in caso di inerzia del privato, espressamente assegnato al Presidente del Tribunale.
Applicando i principi sopra esposti, secondo il Consiglio di Stato, all’articolo 210, comma 2, codice degli appalti ove è stabilito che “la Camera arbitrale cura la formazione e la tenuta dell’Albo degli arbitri per i contratti pubblici, redige il codice deontologico degli arbitri camerali e provvede agli adempimenti necessari alla costituzione e al funzionamento del collegio arbitrale”, deve darsi un’interpretazione costituzionalmente orientata, di tal che la locuzione “adempimenti necessari alla costituzione e al funzionamento del collegio arbitrale” non potrebbe essere interpretata estensivamente nel senso di ampliare i poteri anche ad ipotesi non disciplinate e a poteri non espressamente conferiti.
Peraltro, prosegue il Consiglio di Stato, ove mai si ritenesse la Camera arbitrale competente alla nomina dell’arbitro nel caso di inerzia della parte, sarebbe necessario altresì individuare il procedimento amministrativo che tale organo deve seguire, così svolgendo un compito che è demandato unicamente al legislatore.
A ulteriore supporto del principio espresso, il Consiglio di Stato aggiunge che, ove fosse riconosciuto alla Camera arbitrale il potere di nominare anche l’arbitro di parte, vi sarebbe un collegio che per due terzi (il presidente e un arbitro) sarebbe composto da soggetti nominati dallo stesso organo, ossia la camera arbitrale: “Fermo restando che la camera arbitrale ha certamente connotati di elevatissima indipendenza, in via sistematica, sino a quando non vi sarà un intervento del legislatore primario, va preferita la scelta che evita la “concentrazione” di nomine nello stesso organo e che opta per la nomina da parte di un soggetto terzo, anch’esso istituzionalmente caratterizzato da imparzialità e indipendenza, peraltro non competente a nominare neppure il presidente del collegio arbitrale”.
Prosegue il Consiglio di Stato aggiungendo che, il dubbio sull’esistenza del potere in capo alla Camera arbitrale – dubbio riconosciuto sia dall’ANAC sia dal DAGL – crea il rischio che l’atto di designazione dell’arbitro di parte sia adottato in carenza di potere con conseguente nullità del collegio e del lodo, ex art. 209, comma 7 (“La nomina del collegio arbitrale effettuata in violazione delle disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 determina la nullità del lodo”).
Conclude, pertanto il Consiglio di Stato, affermando che là dove una norma – qual è il comma 10 dell’articolo 209, che richiama espressamente il codice di procedura civile, conferendo il potere di nomina al Presidente del Tribunale, si presti a diverse opzioni interpretative, debba preferirsi l’interpretazione più prudente e meno rischiosa per la validità degli atti adottati.