Cons. Stato, Sez. V, 24.05.2021, n. 3996, sulla portata escludente dell’indicazione degli oneri di sicurezza in misura pari a “zero”
Con la sentenza in esame, il Consiglio di Stato, Sez. V, si è pronunciato in materia di indicazione degli oneri di sicurezza nell’ambito di una procedura per l’affidamento di impianti.
In particolare, nel caso di specie, l’impresa aggiudicataria della gara aveva indicato, nella propria offerta economica, oneri aziendali per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro pari a zero. La società seconda classificata aveva, dunque, impugnato l’aggiudicazione dinanzi al TAR della Puglia, il quale aveva rigettato il ricorso, ritenendo l’esclusione sproporzionata, in considerazione del fatto che l’aggiudicataria aveva dedotto di “destinare ogni anno ingenti risorse in oneri per la sicurezza”.
Il Consiglio di Stato, invece, ha accolto il ricorso in appello, ritendendo che l’indicazione di costi di sicurezza pari a zero costituisca una legittima causa di esclusione in via automatica dalla gara.
Il Collegio ha, infatti, ricordato che l’art. 95, comma 10, del D.lgs. n. 50/2016 pone a carico dell’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici l’obbligo di “indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera” e l’art. 97, comma 5, lett. c, prevede l’esclusione del concorrente nel caso di incongruità degli “oneri aziendali della sicurezza di cui all’articolo 95, comma 10, rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture”.
Inoltre, anche l’art. 17 del disciplinare di gara, predisposto dalla Stazione appaltante, conteneva l’espressa richiesta agli operatori economici di fornire nell’offerta “la stima dei costi aziendali relativi alla salute ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro di cui all’art. 95, comma 10 del Codice” con la precisazione che tali costi “connessi con l’attività d’impresa dovranno risultare congrui rispetto all’entità e le caratteristiche delle prestazioni oggetto dell’appalto”.
Ebbene, ha evidenziato il Consiglio di Stato, l’indicazione di un valore pari a zero per gli oneri aziendali per la sicurezza è del tutto equivalente alla mancata indicazione della voce di costo in questione (il che trova conferma nel fatto che, nelle difese svolte in primo grado, l’aggiudicataria aveva anche stimato l’entità di tali oneri) e costituisce, dunque, una violazione dell’obbligo dichiarativo imperativamente previsto dalla legge e anche dalla lex specialis. D’altronde, ha proseguito il Consiglio di Stato, tale indicazione impedisce chiaramente alla Stazione appaltante di svolgere la valutazione di congruità di cui all’art. 97, comma 5, lett. c del Codice dei contratti pubblici. La Stazione appaltante, dunque, avrebbe dovuto escludere l’impresa aggiudicataria.
La soluzione in esame, ha poi rilevato il Collegio, è anche in linea con quanto affermato dalla Corte di giustizia dell’UE, che, nella sentenza del 2 maggio 2019, C-309/18, ha sancito la conformità al diritto euro-unitario della normativa interna là dove prevede l’esclusione dell’offerta per mancata indicazione dei costi della manodopera, senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare tali costi separatamente non sia specificato nella documentazione della gara d’appalto, purché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale in materia e quest’ultima sia espressamente richiamata nella documentazione di gara. Che tali principi, pur se affermati con riferimento ad una vicenda relativa all’omesso scorporo dei costi della manodopera, siano pacificamente applicabili anche agli oneri aziendali per la sicurezza si deduce dal fatto che entrambi tali costi sono previsti dall’art. 95, comma 10, del D.lgs. n. 50/2016 (come chiarito dalla giurisprudenza più recente: ex multis Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2020, n. 1008; Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2020, n. 604).
In considerazioni di tali rilievi, dunque, il Collegio – riformando la sentenza del TAR della Puglia n. 1245/2020 – ha accolto l’appello e, per l’effetto, il ricorso di primo grado.