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Il principio di equivalenza non trova applicazione quando si verte sul rispetto di requisiti tecnici minimi obbligatori

Il principio di equivalenza non trova applicazione quando si verte sul rispetto di requisiti tecnici minimi obbligatori

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Cons. Stato, Sez. III, 28 giugno 2023, n. 6306. Il principio di equivalenza di cui all’art. 68 del D.lgs. n. 50/2016 non trova applicazione quando si verte sul rispetto di requisiti tecnici minimi obbligatori

Con la sentenza in esame, il Consiglio di Stato ha ribadito, recependo un consolidato orientamento giurisprudenziale sul punto, che il principio di equivalenza di cui all’art. 68, comma 8, D. Lgs. n. 50/2016 non si applica quanto si riferisce ad un requisito tecnico minimo obbligatorio.

Il richiamato comma 8 dell’art. 68 prescrive che “Quando si avvalgono della facoltà, prevista al comma 5, lettera a), di definire le specifiche tecniche in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un’offerta di lavori, di forniture o di servizi conformi a una norma che recepisce una norma europea, a una omologazione tecnica europea, a una specifica tecnica comune, a una norma internazionale o a un sistema tecnico di riferimento adottato da un organismo europeo di normalizzazione se tali specifiche contemplano le prestazioni o i requisiti funzionali da esse prescritti”.

Ebbene, secondo i Giudici di Palazzo Spada, “Al riguardo, giova richiamare il pacifico indirizzo per cui nelle gare pubbliche il principio di equivalenza di cui all’articolo 68 del d.lgs. n. 50/2016 non trova applicazione quando si verte sul rispetto di requisiti tecnici minimi obbligatori che identificano le caratteristiche essenziali e indefettibili dei lavori, servizi o forniture richieste dall’Amministrazione; pertanto, il concorrente che voglia presentare un prodotto o servizio equivalente a quello richiesto incontra comunque il limite della difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis, configurante un’ipotesi di aliud pro alio non rimediabile (cfr. Cons. Stato, V, nn. 9693/2022 e 5260/2019; III, nn. 5075/2022, 1225/2021, 5144/2020 e 5140/2020)”.

Infatti, il Collegio precisa che “Il richiamo al principio di equivalenza in un siffatto caso avrebbe infatti “l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire ai partecipanti di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara” (Cons. Stato, V, n. 5258/2019; vedi anche id., nn. 1100/2023 e 5034/2022; III, n. 1225/2021)”.

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