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Cons. Stato in merito alla proroga automatica delle concessioni demaniali

Cons. Stato in merito alla proroga automatica delle concessioni demaniali

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Cons. Stato, Ad.Plenaria, 9 novembre 2021, n. 17 e 18, in merito alla proroga automatica delle concessioni demaniali

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le sentenze n. 17 e 18 del 9 novembre 2021, si è definitivamente pronunciata in merito alle proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico – ricreative.

L’Adunanza Plenaria, in ragione della particolare rilevanza economico- sociale delle concessioni demaniali marittime, allo scopo di assicurare certezza e uniformità di applicazione del diritto da parte delle amministrazioni e dell’ordinamento giuridico, ha specificato che “le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico- ricreative- compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid- 19 dall’art. 182, comma 2, d.l. n.34/2020, convertito in legge n. 77/2020- sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione”.

Ulteriormente, per sfuggire al significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, nonché di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, inoltre, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi europei, le concessioni demaniali già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023. Oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, le concessioni cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi proroga legislativa che potrebbe eventualmente intervenire.

Per quanto concerne la direttiva 2006/123/CE, l’Adunanza Plenaria ha evidenziato che la stessa deve essere considerata una direttiva di liberalizzazione, nel senso che è predisposta all’eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento e di servizio, garantendo l’implementazione del mercato interno e del principio concorrenziale ad esso sotteso, in particolare, “fissa disposizioni generali volte ad eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra i medesimi, al fine di contribuire alla realizzazione di un mercato interno dei servizi libero e concorrenziale” (Cfr. Corte di giustizia, Grande Sezione, 30 gennaio 2018, C360/15 e C31/16, punto 104).

La tutela della concorrenza è una materia trasversale che riguarda anche i settori in cui l’Unione europea è priva di ogni tipo di competenza o ha solo una competenza di sostegno, per i quali gli Stati membri, quando acquisiscono risorse strumentali all’esercizio delle relative attività sono tenuti a bandire, obbligatoriamente, la gara, che si pone come presupposto dell’attività poi svolta in quella materia.

In senso contrario, non serve valorizzare la mancanza del requisito della scarsità della risorsa naturale che va inteso in senso relativo e non assoluto, tenendo conto non solo della quantità del bene disponibile, ma anche dei suoi aspetti qualitativi e, pertanto, della domanda che è in grado di generare da parte di potenziali concorrenti.

L’Adunanza Plenaria, poi, considera la concreta disponibilità di aree ulteriori rispetto a quelle attualmente già oggetto di concessione e specifica che è sulle aree potenzialmente ancora concedibili che deve concentrarsi l’attenzione ai fini della verifica circa la possibilità di creazione di una barriera all’ingresso per i nuovi operatori, essendo ciò in contrasto con i principi europei.

La valutazione della scarsità della risorsa naturale dipende essenzialmente dall’esistenza di aree disponibili sufficienti a permettere lo svolgimento della prestazione di servizi anche ad operatori economici diversi da quelli attualmente tutelati attraverso lo strumento della proroga ex lege.

Pertanto, l’art. 12 della direttiva 2006/123 è applicabile al rilascio e/o rinnovo delle concessioni demaniali marittime, con conseguente incompatibilità comunitaria della disciplina nazionale che prevede la proroga automatica e generalizzata delle concessioni già rilasciate.

Nei due casi specifici sottoposti all’attenzione dell’Adunanza Plenaria ed oggetto di disamina in questa sede, la graduazione degli effetti è effettuata in rapporto alla regola in base alla quale le concessioni balneari debbano essere affidate in seguito a procedura pubblica e richiede di prevedere un intervallo di tempo ai fini dello svolgimento della gara, nell’ambito del quale i rapporti concessori continueranno a essere regolati dalla concessione precedentemente rilasciata.

È stato, poi, precisato dall’Adunanza Plenaria che “ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all’incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto”.

Le conseguenze di tali pronunce sono dirompenti, non solo sugli attuali titoli delle concessioni, ma anche per l’intuibile sforzo che i comuni marittimi dovranno fare nell’indire le procedure di evidenza pubblica entro il 31 dicembre 2023, e nel risolvere la problematica dell’indennizzabilità degli attuali soggetti concessionari.

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