Con la sentenza in commento, il C.G.A. per la Regione Siciliana ha chiarito che le previsioni contenute nei protocolli di legalità o di integrità, stipulati ai sensi dell’art. 1, comma 17, l. n. 190 del 2012, configurano specifiche cause di esclusione dalla procedura di gara, risultando idonee ad integrare il catalogo tassativo delle cause di esclusione contemplate dal d.lgs. n. 50 del 2016.
All’esito del giudizio innanzi al TAR, l’amministrazione annullava l’aggiudicazione di alcuni lotti di una procedura per l’affidamento di servizi di pulizia, servizi integrati e servizi accessori in ambito sanitario sulla base della presunta violazione da parte delle imprese aggiudicatarie del patto di integrità e degli artt. 30, 56, 59 e 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, con specifico riferimento alle notizie di stampa attinenti ad un procedimento penale pendente.
Le imprese escluse, di conseguenza, si appellavano al C.G.A. affermando che la valutazione dei patti sarebbe riservata all’Amministrazione, con conseguente preclusione per il Giudice amministrativo di sostituirsi ad essa.
Il collegio ha accolto il ricorso sulla base dell’assunto che la fattispecie della violazione del patto di integrità presuppone la titolarità in capo alla stazione appaltante del potere di valutazione della riferibilità di determinate condotte al perimetro espulsivo previsto dai protocolli.
Il C.G.A. ha chiarito che “nei patti di integrità, agli obblighi comportamentali che, pur trovando la propria fonte nella clausola di leale collaborazione e nel principio di buona fede, oltre che nella normativa antimafia e dei contratti pubblici, sono circostanziati in modo tale da rendere agevole il relativo accertamento, si ricollegano conseguenze sfavorevoli in caso di violazione degli impegni assunti”. Da ciò consegue che l’assunzione dei doveri comportamentali ivi previsti consente all’Amministrazione di esercitare agevolmente i poteri di accertamento ed i relativi poteri di irrogazione delle conseguenze sfavorevoli.
In tal senso, pertanto, i protocolli di legalità sono strumenti utili per contrastare il fenomeno delle infiltrazioni mafiose nelle attività volte a sviluppare la concorrenza per il mercato, quali le procedure ad evidenza pubblica, attraverso l’introduzione di clausole “sanzionatorie” (così lo stesso patto di integrità) in caso di violazione degli impegni assunti.
L’art. 1341 c.c. prevede, in caso di stipulazione di un contratto a prestazioni corrispettive, una particolare tutela della parte contrattuale che non ha predisposto unilateralmente le clausole. In particolare si richiede, in presenza di clausole vessatorie – favorevoli al predisponente e sfavorevoli per l’altro contraente – l’inefficacia delle medesime in caso di mancanza di specifica sottoscrizione. Nel caso di specie, “la sottoscrizione specifica ha riguardato indistintamente tutte le clausole del patto di integrità. Nondimeno esse non rientrano nel novero delle clausole vessatorie indicate nell’art. 1341 c.c.”.
Le clausole vessatorie intervengono infatti in un rapporto pattizio, rispetto al quale la previsione di facoltà o poteri a favore di una delle parti non si accompagna a prerogative procedimentali (che invece connotano il potere amministrativo di esclusione dalla gara) atte a tutelare la posizione di controparte. Per tale ragione, esse richiedono necessariamente la specifica sottoscrizione prevista dall’art. 1341 c.c. Da ciò consegue l’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 1341 c.c. al caso de quo.
A fronte di ciò, il C.G.A. ha quindi affermato che “i patti di integrità si inseriscono nel rapporto di diritto pubblico che si crea fra la stazione appaltante e il partecipante alla gara, individuando specifiche fattispecie “sanzionatorie” nell’ambito di un procedimento che si sviluppa con le garanzie tipiche del procedimento amministrativo, sicché viene meno la tutela della parte debole (del rapporto contrattuale), atteso che tutta la disciplina del procedimento amministrativo è volta ad assicurare la valorizzazione dei partecipanti al procedimento, così sostituendo la tutela preventiva (e formale) della specifica sottoscrizione con una più pregnante forma di apprezzamento della posizione privata”.
Di conseguenza, quanto sopra è sufficiente a dimostrare, in ragione del rapporto di diritto pubblico nel quale si inseriscono, l’inapplicabilità al caso de quo della disciplina di cui all’art. 1341 c.c., circostanza dalla quale discende la violazione del patto di integrità. Il potere di accertamento riconosciuto all’Amministrazione dal patto di integrità ed il potere di scelta in ordine alla sanzione applicabile devono poter essere esercitati dall’Amministrazione medesima attraverso una valutazione in concreto, prima che intervenga il giudice amministrativo. Pertanto, l’Amministrazione avrebbe dovuto scrutinare la causa di esclusione derivante dall’asserita violazione del patto di integrità.