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Responsabilità precontrattuale della stazione appaltante per revoca aggiudicazione

Responsabilità precontrattuale della stazione appaltante per revoca aggiudicazione

Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Consiglio di Stato, Sez. V, 12 settembre 2023, n. 8273. Responsabilità precontrattuale della stazione appaltante per revoca aggiudicazione

La vicenda oggetto della presente decisione trae origine dalla revoca da parte del Comune di Roma di una procedura di gara – ivi compresa l’aggiudicazione provvisoria – per l’affidamento dei lavori di realizzazione di un tronco dell’impianto fognario.

Rispetto a tale procedura, bandita nel 2011, il Comune di Roma nel 2013 chiedeva agli uffici di ragioneria un vaglio di compatibilità con il patto di stabilità, medio tempore entrato in vigore con legge n. 183/2011.

Nel 2015, lo Stato italiano subiva inoltre una procedura di infrazione dovuta proprio alla cattiva gestione degli impianti fognari e di depurazione, con conseguente commissariamento delle opere, tra cui anche quelle oggetto della presente controversia.

Nel 2016, il Comune chiedeva alla società aggiudicataria provvisoria della commessa la disponibilità a procedere con aggiudicazione definitiva e stipula del contratto agli stessi prezzi offerti in gara nel 2011. La società, tuttavia, insisteva per l’aggiornamento dei prezzi, senza ottenerlo.

A questo punto, la procedura veniva revocata ed aggiudicata ad ACEA ATO 2 come da indicazioni del commissario di governo.

La revoca veniva impugnata dinanzi al TAR Lazio, che rigettava il ricorso anche con riguardo ai profili risarcitori di responsabilità precontrattuale.

La sentenza veniva appellata e il Consiglio di Stato, dopo aver rigettato gli altri motivi di appello, si è soffermato sul risarcimento da responsabilità precontrattuale, ritenendo doveroso verificare se la Pubblica Amministrazione si fosse comportata o meno – oltre che da buon amministratore – anche da corretto contraente.

Secondo la costante giurisprudenza richiamata dal Giudice dell’appello, “anche in caso di revoca legittima degli atti di aggiudicazione di gara per sopravvenuta indisponibilità di risorse finanziarie può sussistere la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione che abbia tenuto un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza, soprattutto perchè, accortasi delle ragioni che consigliavano di procedere in via di autotutela mediante la revoca della già disposta aggiudicazione non abbia immediatamente ritirato i propri provvedimenti, prolungando inutilmente lo svolgimento della gara, così inducendo le imprese concorrenti a confidare nelle chances di conseguire l’appalto” (Cons. St., V, n. 1797/2016; n. 633/2013); e, inoltre, in ipotesi come quella oggetto di controversia, “non viene in rilievo l’attività provvedimentale della P.A. […] bensì il comportamento […] complessivamente tenuto dalla stazione appaltante nel corso della gara, di modo che rilevano le regole di diritto privato la cui violazione non dà vita a invalidità provvedimentale, ma a responsabilità; anche per la p.a. le regole di correttezza e buona fede così come per i privati sono regole di responsabilità” (Cons. St., V, n. 4514/2020).

Nel caso di specie, il Collegio ha ravvisato “evidenti profili di responsabilità di tipo precontrattuale a carico del Comune di Roma per comportamento scorretto nella fase delle trattative. Ciò in quanto il tratto procedimentale che ha seguito la aggiudicazione provvisoria è stato caratterizzato da superficialità e disattenzione nel non rendere tempestivamente e puntualmente edotta la parte appellante circa la difficoltà di natura finanziaria medio tempore sorte in ordine alla possibilità di eseguire concretamente l’appalto. Di qui, il venir meno agli obblighi di lealtà e correttezza”.

Secondo il Consiglio di Stato, in altri termini, la revoca – pur in sé legittima – non cancella la condotta complessivamente assunta dal Comune, che non ha seguito come avrebbe dovuto i canoni di lealtà e correttezza, tacendo per anni la sussistenza di cause ostative alla definizione della procedura di gara. Da ciò discende pertanto “il riconoscimento della risarcibilità del solo interesse negativo, e dunque delle spese sostenute per la partecipazione alla gara”, consistenti in spese amministrative/progettuali e spese per stipendi corrisposti al personale tecnico e amministrativo impiegato nella preparazione della gara.

Quanto al lucro cessante, il Consiglio di Stato ha ritenuto di disconoscerne il fondamento in quanto “non è mai stata fornita la dimostrazione circa l’impossibilità di dedicarsi ad altre contrattazioni”; e, con riferimento alla pretesa perdita della chance contrattuale alternativa, anch’essa è stata ritenuta non provata.

In una fattispecie come quella oggetto di decisione, ha concluso il Consiglio di Stato, va dunque riconosciuto “a titolo di culpa in contrahendo il risarcimento per le spese e le perdite strettamente dipendenti dalle trattative ossia dalla partecipazione alla gara (danno emergente) ma non anche il lucro cessante ossia il vantaggio che la parte avrebbe potuto conseguire se, invece di impiegare la sua attività nella trattativa fallita, si fosse dedicata ad altre contrattazioni”.

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