Il Tribunale Amministrativo per il Lazio, con la sentenza in commento, si è espresso sulla questione relativa alla giurisdizione in materia di cessione e acquisto di quote azionarie pubbliche. Più specificatamente, pronunciandosi sulla fattispecie concernente la cessione della partecipazione azionaria detenuta da Invitalia S.p.A., i Giudici hanno ribadito l’orientamento della Sezione (TAR Lazio n. 8946/2017) – confermato in appello da Cons. Stato n. 6088/2018 – escludendo la ricorrenza dell’obbligo di ricorrere al modulo procedimentale dell’evidenza pubblica e, per ciò solo, la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.
Sul punto, richiamata la disciplina applicabile alla procedura de qua – da individuarsi nell’art. 1 commi 460 e 461 L. n. 296/2006 – il Tribunale Amministrativo ha chiarito come detta disciplina non solo non preveda l’evidenza pubblica quale modalità necessaria di dismissione delle partecipazioni azionarie ma, al contrario, indichi specifiche tipologie di dismissione non compatibili con l’evidenza pubblica e finalizzate, piuttosto, a garantire l’attuazione delle finalità istituzionali perseguite da Invitalia S.p.A. (come nel caso del ricorso all’intesa con la Regione, per la dismissione delle partecipazioni nelle società regionali, e della possibilità di cedere gratuitamente tali partecipazioni alle Regioni stesse o ad altre amministrazioni pubbliche (art. 1 comma 461 l. n. 296/06). Rispetto alla fattispecie esaminata – avente ad oggetto, come detto, la cessione della partecipazione azionaria nella società detenuta da Invitalia S.p.A. e partecipata al 100% dal Ministero dell’Economica e delle Finanze – la sentenza ha infatti puntualizzato che non si pone un problema di costituzione ex novo di una società mista (con la correlata esigenza di individuare, per l’affidamento di un servizio, un socio privato, qualificabile come socio “operativo”, a cui specificamente si riferisce l’art. 1 comma 2 d. lgs. n. 163/2006 laddove impone la procedura di evidenza pubblica) e, sulla base di tale motivazione, l’ha ritenuta sottratta all’obbligo normativo di ricorrere all’evidenza pubblica.
In merito, la pronuncia richiama gli insegnamenti del Consiglio di Stato (Ad. Plenaria, sentenza n. 16/2011) secondo cui “la sottoposizione o meno della gara al regime pubblicistico fissato dal codice dei contratti pubblici, e la sua consequenziale sottoposizione alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, “discende dalle caratteristiche oggettive dell’appalto e soggettive della stazione appaltante, e dunque dall’esistenza di un vincolo “eteronomo” e non dalla dichiarazione della stazione appaltante (c.d. autovincolo)”, attesa l’inderogabilità dalle parti delle regole sulla giurisdizione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2639/2015; id., n. 2008/2015; id., n. 497/2015; Cass., Sez. Un., n. 8511/2012); in questa prospettiva “la dismissione di quote azionarie pubbliche non è soggetta alle norme sull’evidenza pubblica, e nemmeno a quelle sulla contabilità generale dello Stato, risolvendosi in un’operazione che l’ente pubblico pone in essere con modalità privatistiche, dovendosi soltanto attenere ai generali principi di trasparenza e non discriminazione” (Cons. Stato, n. 1894/2017).
Alla luce dei su richiamati principi i Giudici Amministrativi hanno qualificato la dismissione della partecipazione azionaria pubblica in termini di attività posta in essere “iure privatorum” a fronte della quale la situazione giuridica soggettiva degli aspiranti acquirenti del pacchetto azionario non può essere ricondotta nell’ambito degli interessi legittimi. Ragione per cui, secondo il criterio del “petitum sostanziale”, la giurisdizione a conoscere della vicenda è stata ritenuta da devolvere al giudice ordinario.
TAR Lazio, Sez. III-ter, 12.04.2021, n. 4266