Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, con sentenza n. 1773 pubblicata lo scorso 2 luglio 2020, si è pronunciato sulla questione relativa al termine per l’impugnazione del provvedimento di esclusione da una gara pubblica.
Più in particolare, la sentenza in commento ha evidenziato come – anche nella specifica ipotesi in cui l’esclusione dell’impresa partecipante venga comunicata nel corso di una seduta pubblica – il termine per impugnare non possa comunque decorrere dalla data della seduta a meno che non venga rigorosamente provato che, in quella sede, oltre alla circostanza dell’esclusione, siano state anche comunicate ed illustrate, ad un soggetto effettivamente dotato dei poteri di rappresentanza dell’impresa, le ragioni sottese al provvedimento medesimo.
Sul punto, i Giudici amministrativi hanno richiamato l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui “se l’impresa assiste, tramite rappresentante, alla seduta in cui vengono adottate determinazioni in ordine all’esclusione della sua offerta, è in tale seduta che effettivamente l’impresa acquisisce la piena conoscenza del provvedimento ed è dalla data della stessa seduta che decorre il termine per impugnare il medesimo provvedimento, solo qualora però il soggetto presente rivesta una specifica carica sociale che gli attribuisce la legale rappresentanza della società ovvero qualora sia munito di procura rilasciata allo scopo di fargli assumere la rappresentanza della società. Soltanto ricorrendo tali presupposti, per un verso, la conoscenza avuta dal soggetto presente alla seduta di gara è riferibile alla società concorrente (cfr., in tale senso, Cons. St.,VI, 13 dicembre 2011 n. 6531), e, per altro verso, è oggettiva e controllabile ex post la verifica compiuta dagli organi di gara della pienezza dei poteri del soggetto presente, al fine di distinguere il rappresentante dal mero nuncius” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, n. 6088/2017).
Sotto altro profilo, il Tribunale ha anche puntualizzato che la semplice comunicazione delle attività compiute nella seduta di gara (così come avvenuta nella fattispecie oggetto della decisione in commento) non può essere sufficiente ai fini della “piena conoscenza” dell’atto lesivo ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a né è ipotizzabile che, ai medesimi fini, detto verbale venga integrato o modificato successivamente dalla stazione appaltante (stante la sua natura di atto pubblico avente fede privilegiata ex art. 2700 c.c. ); ragione per cui, nel caso controverso, il termine per impugnare non sarebbe potuto decorrere dalla seduta di gara.