Con la sentenza in oggetto, il TAR Roma è stato chiamato a pronunciarsi sul ricorso con cui una concorrente non aggiudicataria ha contestato l’illegittimità dell’aggiudicazione, non avendo la Stazione Appaltante attivato – nei confronti dell’aggiudicataria – il procedimento di verifica facoltativa dell’anomalia (non sussistendo i presupposti concreti e matematici per procedere con la verifica obbligatoria), ciò in base alla asserita non sostenibilità dell’offerta dell’aggiudicataria.
L’adito TAR, richiamando la copiosa giurisprudenza consolidatasi sul punto, ha innanzitutto chiarito come la verifica della congruità dell’offerta non abbia “per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma mira ad accertare se in concreto essa, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, non risolvendosi in una caccia all’errore”.
Ciò precisato, in virtù di quanto chiaramente espresso dall’art. 97, co, 3 e 6 del d.lgs. 50/2016, il TAR ha ribadito che “l’obbligo di verifica della non anomalia dell’offerta scatta solo se sia i punti relativi all’offerta economica che quelli relativi all’offerta tecnica sono entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara, mentre negli altri casi sussiste la “facoltà” per la Stazione Appaltante di valutare la congruità di ogni offerta (in tal senso: C. di St. n. 4763/2018)”.
Dunque, prosegue il TAR adito, accertato “che il legislatore ha limitato l’obbligo di procedere alla verifica di anomalia a quei soli casi in cui ricorre un sospetto di incongruità (quattro/quinti del punteggio massimo previsto dal bando)”, nelle fattispecie in cui tali presupposti non ricorrano, il giudice amministrativo è chiamato solamente a stabilire se il “giudizio – discrezionale – della stazione appaltante di non verificare la congruità dell’offerta dell’aggiudicataria è illegittimo perché manifestamente erroneo e/o irragionevole”.